l’estate di stupri e la crisi del maschio

8 settembre 2023

L’estate degli stupri è una questione che riguarda tutti gli uomini, nessuno escluso.

Limitare le libertà femminili per proteggerle e l’universo maschile si auto-assolve dalle sue responsabilità, fingendo di non vedere che la cultura dello stupro è ovunque.

Non ho approfondito i dettagli su questi terribili eventi. Avrei potuto documentarmi, cercare, affrontare le ricostruzioni dettagliate dei fatti, e provare dolore, rabbia, frustrazione, e ancora dolore, e poi impotenza, e poi paura, e poi disperazione, e furia. Non l’ho fatto.

Un amico però mi ha scritto, ponendomi una domanda precisa, alla quale non riusciva a trovare risposta esaustiva: “È giusto o non è giusto dire alle donne, alle ragazze, alle bambine, di stare attente?”

Hanno forse torto i centri antiviolenza quando suggeriscono alle donne di non accettare mai l’ultimo appuntamento chiarificatore, perché spesso è quello fatale? Stanno facendo victim blaming, o stanno dando un consiglio per portare a casa la pelle?

E mentre noi alimentiamo un dibattito che si avvita ancora attorno agli equivoci su cosa sia lo stupro, cosa sia il branco, cosa sia l’attrazione, cosa la prevaricazione, cosa l’abuso, cosa il potere, cosa la violenza, cosa la libertà, cosa la provocazione, cosa il consenso, mi sembra sempre che si buchi la questione centrale. Questione che evidentemente non è dire alle donne quanto bere, come vestire, dove andare, esortandole a vivere sulla difensiva, per esercitare la facoltà di essere prede, impaurite e prudenti.

Sono tante le donne che hanno subìto abusi da parte degli uomini.

Tutti gli uomini che conosco, davanti agli stupri di Palermo e Caivano, precisano che solo i mostri violentano.

Perché lo stupro viene identificato esattamente con questo: un episodio orrendo di cronaca nera compiuto per strada da un branco di farabutti o da una gang di figli di camorristi, che violenta le minorenni sotto qualche tipo di minaccia. Ma la violenza sessuale non è sono quell’evento estremo, inequivocabilmente “orribile” da cui tutti si dissociano dando la responsabilità ai genitori, alla scuola, alla disoccupazione, alla droga, all’alcol, al degrado, alla pornografia on line, ai social, alle chat, alla perdita di valori.

In realtà lo stupro è un’abitudine molto più diffusa e tra gli autori ci sono mostri che conosciamo: amici, parenti, mariti, vicini di casa, datori di lavoro, sacerdoti, le nostre celebrities preferite, i politici che abbiamo votato.

Bravi ragazzi che hanno spinto le ragazze per ottenere sesso non consenziente, che hanno girato un video con una donna durante un rapporto e l’hanno girato alla squadra di calcetto, bravi ragazzi che l’hanno fatta bere un po’e poi lei c’è stata, bravi ragazzi che si stavano divertendo un po’ e volevano fare sesso, tutto lì. Ne conoscete qualcuno?

Eppure quando una donna parla di qualunque tipo di sopraffazione c’è sempre la stessa reazione da parte degli uomini. La violenza domestica? Non tutti gli uomini. Gli stupri nelle università? Non tutti gli uomini sono così. Le molestie per strada? Non tutti gli uomini. Una donna che si perde nell’alcol è una a disposizione? Non tutti gli uomini.

I superiori che la palpeggiano? Non tutti gli uomini. I capi che le interrompono mentre parlano? Non tutti gli uomini. Le donne che fanno tutto il lavoro domestico nonostante lavorino fuori quanto i compagni? Non tutti gli uomini.

Ogni maschio che conosco obietta che il bacio di Luis Rubiales, Presidente della Federazione calcistica spagnola, alla campionessa nazionale Jenni Hermoso non sia minimamente paragonabile agli stupri di Napoli e Palermo, è certamente ovvio. Non è evidentemente paragonabile a essere violentata da un branco, ma è certamente abuso: sono maschio, sono il capo, tu mi attrai, mettiti a disposizione. Lo stupro è solo uno degli effetti più terribili di un sistema che sfrutta le donne e va riconosciuto.

Penso anche, però, che la guerra tra i sessi sia dolora sia per i maschi sia per le femmine.

Le donne vivono una grande sofferenza, ma anche gli uomini la vivono.

La società continua a imporre agli uomini standard di cui non hanno più il primato. Alle ragazze è stato detto che possono essere tutto ciò che desiderano e loro lo hanno fatto.

Prendono i voti migliori, raggiungono ruoli rilevanti nella società, guadagnano e possono gestire la loro vita come vogliono, anche facendo figli da sole. Non può finire che la mascolinità spodestata dalla storia usi la forza per recuperare potere. La rabbia non può essere l’unica emozione evidente degli uomini. Non ne usciremo finché i maschi crederanno di doversi mostrarsi duri.

Perché una donna può ammettere di stare emotivamente male, ma non un uomo? Perché i ragazzi non possono parlare dei loro corpi ed emozioni? Ci sarà un modo per dialogare senza rassegnarsi alla guerra tra i sessi? È necessario provarci.

Libera Scirpoli