le cose che in Italia il carcere non sa fare

24 marzo 2023

Domani 25 marzo, all’ “Auditorium Serricchio” di Palazzo dei Celestini di Manfredonia, con inizio alle ore 18:30, è prevista la presentazione del libro del dirigente scolastico Luigi Talienti: Al di là delle sbarre, Edizioni del Rosone 2022.

Il libro verte sul tema della riabilitazione della pena ex art. 27 della Costituzione, del valore educativo della scuoladelle attività di volontariato in carcere.

Luigi Talienti è Dirigente Scolastico dell’I.P.E.O.A. “Michele Lecce” con sedi a Manfredonia e San Giovanni Rotondo.

Ha alle spalle una lunga esperienza di Docente di Italiano L2 e Coordinatore dei corsi di alfabetizzazione per stranieri in Carcere, nonché di Assistente Volontario Casa Circondariale di Foggia, di Assistente Volontario Ufficio Esecuzione Penale Esterna, di Relatore Convegni su Ordinamento Penitenziario ed esecuzione Penale.

Ho letto il suo libro e ho avuto il piacere di conversare con lo scrittore sul tema cardine della sua opera, la funzione rieducativa della pena, argomento delicato, controverso e dal peso rilevante, specie al Sud.

La passione e l’impegno incondizionato del dirigente, dell’avvocato, ma prima di tutto dell’uomo, sono aspetti che mi hanno emozionato. Forse perché viviamo l’epoca della politica dei personalismi che converge sempre meno verso il benessere della società e sempre più verso il tornaconto personale, anche emarginando questioni dove, spesso, non è conveniente metterci la faccia.

La funzione rieducativa della pena, trova il suo riconoscimento nel 3° comma dell’articolo 27 della Costituzione, il quale sancisce che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Il nostro territorio è segnato dalla problematica della delinquenza di cui, in tanti, ne abbiamo subito la triste traccia.

Un fenomeno, l’illegalità, che va osservato trasversalmente e interdisciplinarmente.

Per affermare il concetto di legalità, il principio cardine è, senza dubbio, quello di rendere giustizia a chi è vittima di un reato e punire, ex lege, chi l’ha commesso.

Ma per guarire la società serve guarire la sua parte malata. Altrimenti l’epidemia del male aggrava le condizioni di tutta la comunità, anche quella sana.

Quindi lo scrittore intravede un secondo principio nella rieducazione, ovvero il nuovo cammino rivolto alla riabilitazione della persona cosiddetta ristretta.

La rieducazione tende a valorizzare le abilità e la capacità di relazionarsi agli altri che caratterizza in ogni caso l’essere umano. Consiste nel dare al detenuto nuovi stimoli, nuove motivazioni per rifarsi una vita e reinserirsi nella società in modo costruttivo e integrato.

Il carcere dovrebbe essere un luogo di rieducazione, per mettere in sicurezza la nostra società, facendo sempre le dovute distinzioni tra tipi di reati e personalità dei detenuti.

La problematica andrebbe affrontata soprattutto con riferimento ai giovani, la speranza di ogni società.

Ogni anno, in Italia, migliaia di persone tra i 18 e i 34 anni transitano negli Istituti Penitenziari. Una tale consistenza di giovani nelle carceri italiane dovrebbe indurci a riflettere attentamente alla strada da intraprendere per contrastarne il fenomeno. Lo stiamo osservando attraverso le puntate della fiction “Mare fuori” che sta cogliendo l’interesse di molti telespettatori.

In molti hanno studiato gli effetti negativi dell’esperienza in carcere, come ansia, depressione e autolesionismo. Nelle carceri, inoltre, esiste un vero e proprio “trattamento penitenziario” attuato dai più anziani nei confronti dei giovani detenuti.

I giovani, infatti, entrano a contatto con questi soggetti criminali che sembrano dimostrarsi sensibili alle necessità psicologiche, personali e logistiche dei nuovi arrivati, anche se il loro fine è avere facile presa su personalità molto fragili, da sfruttare ai fini della delinquenza.

L’obiettivo, invece, dovrebbe essere trasformare l’esperienza della detenzione da luogo in cui studiare il crimine a momento di riflessione umana e di crescita personale.

Bisognerebbe evitare che i soggetti più giovani finiscano per restare intrappolati nel circuito della devianza, insieme a soggetti che continuano ad entrare e a uscire dal carcere e che non hanno alcuna voglia di cambiare. Bisognerebbe disegnare differenti canali d’accoglienza, attivando circuiti di inserimento differenziati in base alla tipologia di reato commesso.

Il carcere racchiude in sé un duplice mandato: quello della custodia e quello del trattamento. Deve essere orientato, dunque, verso l’interazione adeguata dei due aspetti, delineando una configurazione istituzionale tesa ad una gestione corretta dei problemi che riguardano i giovani reclusi.

Dovremmo incamminarci verso un carcere con una fisionomia trattamentale, non soltanto custodiale. Creare un luogo dove ogni operatore partecipi attivamente alla soddisfazione dei bisogni e delle necessità dei giovani detenuti, che dovranno diventare coscienti e consapevoli della propria soggettività, gestendo responsabilmente la propria detenzione e il rientro nella società.

La rieducazione dovrebbe renderli capaci di autodeterminarsi e riscoprire le proprie potenzialità, senza ricorrere a mezzi illeciti. Di capire che il sacrificio e la dedizione portano buoni frutti, non le scorciatoie illegali.

Il libro del prof. Talienti lo ritengo un saggio su una problematica molto determinante del welfare state di una comunità. La legalità passa, inevitabilmente, anche da questo.

Lo ho affrontato in diversi temi della rubrica: sport e cultura sono i veri volani del progresso sociale. Se la parte malata della società, quella che ancora potrebbe salvarsi, non riceve gli anticorpi giusti, le conseguenze negative si riverseranno su tutti noi.

Il messaggio del libro vuole alimentare la speranza dell’emancipazione di una società civile, in cui può trovare spazio anche colui che si è reso reo di un inciampo.

È un romanzo di formazione che presenta le condizioni dell’uomo e ce lo fa conoscere nella sua condizione più estrema, la privazione della libertà. Un romanzo che fa intravedere la luce in fondo al tunnel.

Non sempre è facile comprendere quale sia il confine tra il bene e il male, ma aiutare chi ha sbagliato, può servire a non far commettere altri errori che farebbero male alla nostra società.

Allora, da cristiana e cittadina, credo che la vera forza sia la speranza.

E forse, insieme, uniti e solidali, potremo contribuire a costruire un mondo migliore.

Buon weekend a tutti voi!