Dopla, la mesta pasqua di 67 famiglie

7 aprile 2023

Una settimana fa ho conosciuto Francesco, un lavoratore della Dopla s.p.a., azienda specializzata nella produzione di stoviglie monouso in plastica il cui impianto è sito nella zona industriale di Manfredonia. Francesco sorrideva con i sui occhi speranzosi e faceva trapelare dal suo volto la passione per il suo lavoro.

Mi raccontava che quell’impianto è nelle condizioni di poter produrre, ma le macchine sono ferme e c’è anche il rischio che vengano trasferite al Nord. Per questo motivo, infatti, da alcuni giorni lui e altri 66 lavoratori – per cui il tempo si è fermato dal 31 marzo u.s. – sono stabilizzati in presidio davanti ai cancelli dell’azienda.

La dirigenza tace, non dice nulla e da un po’ di tempo i lavoratori non hanno più contatti con i responsabili. “Sono svaniti nel nulla. Non ci rispondono nemmeno al telefono” raccontano i lavoratori.

Ma cosa è successo? Come mai un’azienda funzionante, che produceva, con macchinari ben manutenuti e che possono creare economia al territorio per i prossimi 50 anni, rischia di chiudere? Perché nell’altro sito di Casale sul Sile (Treviso) hanno già pianificato la ripresa, mentre a Manfredonia è tutto fermo?

Questo potrebbe rappresentare l’ennesimo fallimento in un territorio dove lo Stato ha investito miliardi di euro con il Contratto d’area. Nel 2002 fu inaugurata la Dopla a Manfredonia con tanto di cerimonia con l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e così partì l’investimento – con i soldi pubblici destinati al Sud – di una famiglia del Veneto.

Ma cosa non sta funzionando? Intanto, nell’arco di 25 anni, le istituzioni non sono state in grado di organizzare e strutturare i servizi essenziali per le “poche-tante” aziende che ancora oggi devono barcamenarsi nella soluzione dei tanti disservizi (infrastrutture in primis).

Inoltre, sembrerebbe che il cuore, in quel punto cruciale dell’economia e dell’occupazionabilità provinciali, nonostante le tante difficoltà, ce lo abbiano messo soltanto gli imprenditori locali, mentre gli investitori del nord, come per paradigma, a un certo punto “trasferiscano” l’investimento al nord e non diano più notizie.

Quando il 31 luglio 1997 fu avviato il Contratto, con il successivo accordo firmato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (e conseguente accordo fra le amministrazioni di Manfredonia, Mattinata e Monte Sant’Angelo), le parti sociali stipularono anche un protocollo di legalità.

Di fronte a comportamenti di questo tipo da parte di imprenditori che non rispondono più a telefono a questi lavoratori, padri e madri di famiglia, dove trova spazio la legalità?

Le parole del Vescovo Moscone, che ha partecipato alla mobilitazione, sono emblematiche: “perdendo un posto di lavoro si perde vita e si passa dalla legalità alla illegalità, si favorisce la malavita e si impoverisce un territorio”.

Che esempio si sta trasmettendo in un territorio, quello provinciale, martoriato dalla questione del lavoro e, quindi, della legalità?

Trovare un investitore è la cura, ma quando si cura vuol dire che il sistema è già malato.

È evidente che non si è saputo gestire il Contratto. Forse per il livello scarso della politica degli ultimi 25 anni e delle istituzioni in genere? Domanda retorica.

A 22 anni ho svolto la tesi di laurea triennale sulle Agenzie di sviluppo locale affrontando il caso della Campania. Tramite alcuni amici mi furono concesse interlocuzioni periodiche all’Assessorato al Turismo della Provincia di Salerno.

Era 20 fa, e quella provincia era già più moderna ed efficiente di quanto lo sia oggi la nostra.

Eppure non ci manca nulla. Ci sono menti brillanti, imprenditori onesti e lungimiranti, persone per bene e preparate. Manca solo la scelta giusta. Quella non impostata sulle carriere personali.

Lo so, non bisogna mai perdere la speranza, ma la cosa più facile da fare sarebbe andare via.

Il lavoro è il principio di ogni economia sviluppata. Se questo manca, manca tutto. Il sistema si indebolisce e lo sviluppo territoriale abbassa i suoi livelli, in termini culturali, di legalità ed economici.

Dopodomani è Pasqua. Per 67 famiglie, sarà un giorno triste. Il mio pensiero va lì, a quel presidio dove è riutilizzato lo stesso container della vertenza “Sangalli Vetro”. Va a Francesco, ai suoi colleghi e a tutte le persone che hanno perso un posto di lavoro per via delle inefficienze della politica e che in queste ore sono legati alla speranza.

Mi auguro che la politica possa fare un’analisi delle proprie coscienze e comprendere che, prima di ogni istanza personale, bisogna anteporre quelle della comunità.

Buona Pasqua a tutti voi!