LE ROVINE DELLA PERSONALIZZAZIONE DELLA POLITICA

LIBERA SCIRPOLI

Domani e Domenica voteremo per il Parlamento Europeo e ho provato a fare il punto sulla situazione politica che, “in Italia è grave ma non è seria” come afferma Ennio Flaiano.

O almeno così pare a giudicare dalla campagna elettorale e dai manifesti che si stanno utilizzando per mandarla avanti.

Gli aspetti da considerare sono diversi, ma vorrei soffermarmi su due in particolare: la campagna dei candidati che realmente ambiscono a sedere tra i seggi di Strasburgo/Bruxelless e i leader di partito, che resteranno in Italia anche se sono candidati.

Sul primo punto, stiamo assistendo a propagande elettorali sempre più comiche. Abbiamo visto il candidato appassionato di caccia che imbraccia il fucile e prende la mira, (forse l’elettorato ambientalista e attento agli animali?); e poi il manifesto di una donna che ha impostato tutta la sua campagna sul “o me…o lei!”: vengono contrapposte due fotografie, in cui compare la candidata in tutta la sua avvenenza e, di fianco la sua antagonista che, di volta in volta cambia, Ilaria Salis, Elly Schlein, entrambe in foto discutibili con un evidente sottotesto (non scritto) “io sono bella, loro non lo sono, quindi votate per me”. Ergo, questo è il messaggio elettorale che una donna ha deciso di lanciare al suo elettorato, tanto più a quello femminile? Io sono bella quindi è meglio votare me? Lascio a voi la riflessione.

Potrei elencare tanti altri manifesti discutibili. Quello che mi sento di dire è che nessuno è immune dalle sirene della contemporaneità, di piacere ai giovani, di essere prestanti sui social e sempre sul pezzo, però la politica è una cosa seria.

Dunque in Italia la situazione politica è grave ma non è seria, ha ragione Flaiano.

Se non fosse che in Europa verranno prese tutte le decisioni che riguardano le nostre vite, legate alle politiche economiche che ci troveremo ad affrontare, le scelte sui conflitti che attanagliano l’Europa, le prospettive sull’ambiente e i mutamenti climatici, se così non fosse, ci sarebbe solo da farsi quattro risate.

L’altro aspetto è meno comico ma comunque grave e riguarda la personalizzazione della politica italiana che si sta manifestando anche in queste elezioni europee.

La personalizzazione è quando fondamentalmente si sveste la politica di contenuti e la si veste con le facce e i connotati dei leader (considerata la pochezza di tutto il resto).

Questo ha portato molti leader italiani a decidere di candidarsi all’Europarlamento anche con la consapevolezza che poi non andranno fra quei banchi perché impegnati qui in Italia.

È una scelta che paga? Ho analizzato il sondaggio di youtrend secondo cui il 60% degli italiani considera negativamente la scelta dei leader ad essersi candidati.

E allora perché questa determinazione nel candidarsi e, addirittura essere capi lista, con la consapevolezza che l’elettore possa sentirsi preso in giro?

L’idea è che avere il leader candidato possa avere un ritorno in termini mediatici (il caso del “detta Giorgia” è eclatante) e, dall’altro canto, il fatto che il leader si metta in gioco in prima persona può far pensare che ci tenga in prima persona alla “missione” in Europa.

Questo fenomeno investe anche le elezioni comunali, dove, invece di candidarsi, i cosiddetti “big” vengono a fare le sfilate per aggregare un po’ di gente (senza successo) e far pubblicare la foro ritoccata il giorno dopo. A che scopo? I big passano e ripetono per la 150esima volta un discorso fatto in altri 150 comuni diversi fra loro, dimostrando che di quei territori non sanno nulla e né si vogliono sforzare di saperlo. Mentre i veri candidati (alcuni) non hanno contenuti, tant’è che evitano i dibattiti pubblici.

Anche la scelta di indicare il proprio nome sul simbolo non piace all’elettorato. Addirittura c’è un partito che conserva il nome del defunto presidente, connotando anche di aspetti macabri il fenomeno.

Allora perché lo fanno? Sembra quasi obbligatorio.

Provo a dare una risposta: la personalizzazione della politica è più una conseguenza e non una causa. I temi non esistono o sono ripetitivi e forzati, pertanto la faccia di un leader e la sua presenza mediatica possono essere molto utili per nascondere una vaghezza di contenuti, un’assenza di programmi precisi, un’indecisione profonda su quelle che saranno le alleanze future che non fanno intravedere chi, per esempio, possa fare la presidente o il presidente di commissione.

Una serie di caratteristiche che ci fa percepire di quanto le idee siano ancora molto poco chiare.

E allora che cosa si può presentare agli elettori se non semplicemente un nome?

Ha ragione Flaiano: “in Italia la situazione politica è grave ma non è seria”!

Buon voto a tutti!