TV trash e web, cosa resta dell’homo videns

8 dicembre 2023

Erano i primi anni 90 e io frequentavo le medie. Era il momento in cui non ero più una bambina e stavo diventando una ragazza e, con me, anche i gusti televisivi stavano cambiando.

Dai cartoni animati, bim bum bam e Cristina D’Avena, cominciavo a preferire le trasmissioni dedicate ai talk e ai telefilm in cui si assaporavano le avventure sentimentali degli adolescenti, come Beverly Hills 90210, Bayside school e trasmissioni come Non è la Rai.

Ma proprio in quegli anni, la televisione attraversava la sua metamorfosi. Da un’offerta qualitativamente valida ed educativa, dagli spettacoli allegri e spensierati, dai personaggi di livello alto, si stava man mano passando alla TV trash.

All’epoca contestavo l’atteggiamento protettivo di mio padre che “suggeriva” il veto sui canali Fininvest (pensavo fosse solo il voler prendere completamente le distanze dal berlusconismo che avanzava), ma oggi mi rendo conto di quanto sia stato importante per me quel suo volermi tutelare da certi fenomeni lasciati liberamente entrare nelle case delle famiglie italiane.

A distanza di 30 anni, diverse volte ho provato a ricostruire il fenomeno della TV trash (che oggi ha contaminato un po’ tutte le reti) e la ritengo una delle concause del decandentismo sociale, culturale e ideologico che stiamo vivendo.

Erano gli anni in cui anche in Parlamento entravano le soubrette, dei corteggiamenti in TV, delle riprese h24 della vita privata delle persone, delle urla di donne che si contendevano lo stesso “tronista”.

Non mancano le trasmissioni belle e costruttive, quelle sulla storia, le scienze, la cultura, ma siamo continuamente bombardati dalla rappresentazione dell’ignoranza e della maleducazione.

Basta guardare cosa accade nelle scuole e nei luoghi della società civile. Abbiamo parlato tante volte di educazione relativamente ai femminicidi e agli stupri. Ma lo stesso principio vale quando parliamo di politica. Se paragoniamo il passato al presente, in tutti i campi della vista sociale è in corso un decadentismo avanzato.

Chi ha proposto questo tipo di televisione ne è complice e consapevole promotore di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sè stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.

Chi ha costruito negli anni questa proposta televisiva ha sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i loro programmi abbondano con il loro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Ha regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale. Tutto ciò rappresenta la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse in cultura.

Boria, falsità, apparenza e ostentazione: tutti atteggiamenti messi in rete senza filtro e che oggi vediamo nelle scuole, nei luoghi di lavoro, addirittura tra i politici nei luoghi deputati al confronto (il presidente del Senato Franco Marini nel 2008 asserì sconcertato “non siamo mica all’osteria?” rivolgendosi ad alcuni senatori che stapparono una bottiglia per festeggiare una votazione).

Dunque cosa sta succedendo e cosa è successo? L’atteggiamento che vediamo in televisione e sui social è poi facilmente imitabile dai ragazzi (e anche dai più grandi), specie in mancanza di una famiglia presente e attenta.

Come mai non si pone più attenzione a queste dinamiche?

Con il mio pensiero non voglio dire di credere alla TV complottista. Di pensare in partenza ad una televisione capace di anestetizzare le masse. Credo però, e questo è un discorso complesso, che la TV commerciale rispetto alla TV del passato ha avuto esigenze diverse, è nata per catturare il telespettatore e farlo diventare un consumatore orientabile e condizionabile. Anche politicamente (ricordiamo tutti i telegiornali di Emilio Fede). È proprio la storia della televisioneitaliana che ci consegna un uso dell’informazione a fini esclusivamente politici.

Mi ha colpito la frase di un sociologo che ha affermato recentemente: “In un’Italia che ha grossi problemi nello smaltimento dei rifiuti, la TV spazzatura rappresenta un ennesimo problema di smaltimento”.

Una mia personale riflessione è che in questo momento storico, rispetto agli ultimi 25 anni, la TV spazzatura in quanto tale non rappresenti la preoccupazione più grande. È molto più preoccupante l’interconnessione tra TV e web che è più fruibile dai giovani.

Dobbiamo farcene una ragione? Ammettere che la natura stessa dell’essere umano è cambiata?

Ammettere che nel mondo delle tecnologie iper-invasive “l’homo sapiens si evolve in – o regredisce a – homo videns” (Sartori, 2007)?

L’essere umano che sembra dominare la realtà è paradossalmente più vulnerabile ad essa, la sua libertà all’apparenza assoluta sembra sciogliersi nei pixel di uno schermo. 

E noi che faremo? Resteremo fermi a farci plasmare dalle loro scelte? O vogliamo cominciare la nostra rivoluzione culturale?  Io dico come direbbe Quelo: “La seconda che hai detto”!