sorrisi e inclusione, le belle storie che vengono dallo sport

18 novembre 2022

Le belle storie legate allo sport sono quelle che includono e regalano un sorriso a tutti.

La settimana scorsa, con una maggiore declinazione sulla questione legalità, ho affrontato il tema dello sport come grande strumento di inclusione e di integrazione per tutti coloro che vengono lasciati ai margini della società, comprese le persone con disabilità.

Lunedì scorso al PalaDante di Manfredonia, i ragazzi dell’A.D.S. Delfino di calcio e atletica sono stati coinvolti in un allenamento, un momento congiunto tra sport e divertimento che ha fatto incontrare e divertire quaranta ragazzi. Poi, a sorpresa, ha fatto il suo ingresso in campo Emanuele Cicerelli, il manfredoniano attaccante della Reggina (Serie B).

La speciale sorpresa, a cui ha partecipato Giovanna Titta – Presidente del Consiglio Comunale di Manfredonia – è stata il frutto del lavoro incondizionato delle associazioni locali che da tempo si impegnano con l’intento di far sentire integrati il più possibile i ragazzi con disabilità nella comunità. Presente all’iniziativa anche Monica Mantovano, presidente di ARS, che ha avviato una collaborazione con la A.D.S. Delfino in occasione della partecipazione del torneo di calcio a 5 organizzato da ANPIS Puglia e vinto dagli atleti sipontini.

Iniziative di questo tipo dimostrano che la tutela dei diritti dei disabili passa anche attraverso la possibilità di praticare uno sport. Ecco perché è importante garantire a chi è considerato diverso la possibilità di esprimere le proprie capacità attraverso l’attività sportiva.

Che lo sport faccia bene ai disabili a livello fisico è cosa nota da tempo. Precisamente dal 1944, anno in cui il medico Ludwig Guttman introdusse l’attività sportiva nei centri di riabilitazione per le persone colpite da deficit motori, per migliorare il loro stato di salute fisica e mentale.

Mentre è del 1960 la decisione di istituire in via ufficiale le Paralimpiadi, le Olimpiadi dedicate agli sport praticati dai disabili.

Scrivo spesso di donne e carriere, in questo caso non posso non citare le grandi donne coraggiose che, nonostante la disabilità, credono sempre con forza e coraggio in quello che fanno, insegnandoci che tutto può essere superato.

Mi ha sempre colpito la storia di Beatrice Vio (Bebe), campionessa mondiale del fioretto individuale nei campionati di scherma di categoria. Nonostante la malattia che l’abbia costretta a 11 anni su una sedia a rotelle senza arti, Bebe ha continuato ad affrontare la vita con l’energia ed il sorriso, riprendendo a fare ciò che faceva prima con uno dei suoi più grandi desideri, ovvero quello di poter tornare a tirare di scherma.

Nel 2009 la sua famiglia fondò la “art4sport”, una ONLUS di sostegno all’integrazione sociale tramite la pratica sportiva di quei bambini che abbiano subìto amputazioni e Bebe ne è stata la prima atleta.

Ha saputo toccare il cuore degli italiani mostrando la sua eccezionalità di atleta e insieme ragazza scoppiettante di vita raccontandosi anche attraverso il suo libro “Mi hanno regalato un sogno: La scherma, lo spritz e le Paralimpiadi” pagine che traboccano di entusiasmo e che dovrebbero trasmetterci una vera e propria lezione di vita.

Non andando troppo lontani da casa nostra, mi viene in mente la storia di Giovanni Ciuffreda, originario di Mattinata, nato negli anni 60, quando certi retaggi erano ancora ancorati al pensare comune, anche nelle famiglie.

Giovanni, costretto sulla carrozzella a meno di 5 anni per via di una malattia, ha sfidato tutte le avversità e comprese subito che, per realizzare i suoi sogni, avrebbe dovuto lasciare la provincia e le sue mentalità chiuse per intraprendere il suo viaggio coraggioso in direzione Roma.

Nella capitale ha trovato occupazione come impiegato di banca e contemporaneamente ha coltivato la sua grande passione, lo sport.

Ha partecipato alle Paralimpiadi del 1980 aggiudicandosi l’oro e continuando a ritrovarsi sui podi per diversi anni. Oggi lui non c’è più, ma i suoi nipoti conservano con cura e orgoglio i tanti trionfi dello zio. Quei trionfi che non rappresentano solo una conquista sportiva ma anche la scelta di Giovanni di vivere appieno la vita e prendersi tutto quello che di bello essa potesse offrirgli, nonostante tutto!

Recentemente ho avuto il piacere di conoscere Samuela Baiocco, donna premiata al “Premio Adriatico” che quast’anno si è tenuto a Manfredonia. È nata subito una bella sinergia tra me e lei. Ci stiamo sentendo e presto presenterò il suo romanzo “Correre oltre me”, la storia di una persona nata con grandi limitazioni fisiche diventata pressoché simile a qualsiasi altra donna, pur potendo utilizzare quasi per nulla gambe e braccia.

Samuela ha vinto un concorso pubblico – non per categorie protette – e ottenuto un posto, a tempo pieno e indeterminato, in un Ente Locale.

È stato straordinario il nostro pomeriggio a commentare tagli di capelli alla moda e forma fisica da recuperare. Samuela ama la vita e ha voglia di raggiungere nuovi obiettivi! Sarà interessante il nostro dibattito pubblico in occasione della presentazione del suo libro.

E poi c’è lei, Maria Armillotta, la mia cara cugina. Ho vissuto la mia infanzia con lei nelle varie occasioni di ritrovo familiare. Maria, essendo vissuta a Manfredonia, dove il mondo associazionistico, come visto, è vivo e attivo, era sempre più impegnata di me tra i vari corsi frequentati.

Lei partecipa alle diverse iniziative della sua associazione, prende in mano il microfono, parla e presenta le serate. È una donna che ama uscire e viaggiare, acquistare abiti alla moda e frequentare gli amici. Ha una propensione alla vita sociale che mi ha sempre sorpreso. Mi chiama perché vuole andare a cena con me e parlare. La sua vita è piena di contenuti ed entusiasmo nonostante la sindrome di down.

L’integrazione sociale, dunque, è fondamentale per garantire una buona qualità di vita a tutti gli individui e lo diventa ancor di più quando si parla di persone con disabilità, che per lungo tempo sono state ostracizzate e relegate ai margini della società.

Le storie raccontate ne sono l’emblema.

Negli ultimi anni, la crescente popolarità degli sport paralimpici, e degli sportivi che li praticano, hanno contribuito a rendere ancor più evidente che le persone con disabilità sono in grado di perseguire qualunque obiettivo, e a diminuire la percezione di individui limitati che la società aveva di loro.

Oggi, per fortuna, sia da parte delle istituzioni, sia da parte di soggetti privati, c’è la volontà di rendere possibile l’accesso alla pratica delle attività sportive per quante più persone possibile, attraverso l’attivazione di politiche sociali ad hoc e interessanti progetti di inclusione.

Come quello voluto da Alex Zanardi, ex pilota di Formula 1 e famoso atleta paralimpico, che ha dato vita al progetto “Obiettivo 3” con lo scopo di scovare e offrire supporto e formazione ai campioni paralimpici più promettenti.

Interessante è stato anche il progetto della regione Puglia, avviato in vista dell’anno scolastico 2018/2019: “Scuola, Sport e Disabilità”, per integrare la materia dell’educazione fisica e regalare ai giovani disabili un’opportunità in più di cimentarsi in ambito sportivo e migliorare le proprie competenze e abilità.

Inoltre, nell’ambito del Programma Operativo Sport 2021, la Regione Puglia conclude l’iter stanziando 300 mila euro per l’acquisto di attrezzature sportive per gli atleti con disabilità e 550 mila euro a sostegno alle eccellenze sportive delle discipline olimpiche e paralimpiche.

Si tratta di avvisi pubblici attualmente aperti e rivolti a società e associazioni sportive dilettantistiche pugliesi.

In un mondo in via di evoluzione, che tende alla modernità, per “ricostruire meglio” il welfare state, è importante affiancare alle necessarie misure urgenti l’avvio di una battaglia culturale, una pratica educativa, una tensione morale, in una prospettiva trasversale e intersezionale, per la realizzazione di una società realmente inclusiva, accessibile e sostenibile, in cui sia riconosciuto il valore del contributo di ogni persona e in cui siano garantiti sempre il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte e tutti.

Le storie di Beatrice, Giovanni, Samuela e Maria, come quelle di tante altre persone, ci dimostrano la loro voglia di vivere la vita in modo completo e speciale, l’essere pronti a combattere.

Il resto tocca a noi.