L’attualità del genio libero di Giorgio Gaber

10 novembre 2023

In occasione del ventennale della sua morte, il genio libero di Giorgio Gaber torna a vivere attraverso il grande schermo, protagonista di un importante evento culturale e musicale nell’ambito della 18esima edizione della Festa del cinema di Roma.

Qualche giorno fa, nel percorso Mattinata – Foggia, ho ascoltato una trasmissione radio che celebrava proprio questo evento.

Mi è capitato spesso, negli anni, di cercare e riascoltare alcuni dei suoi brani, specie quelli che coglievano principalmente alcuni momenti storico-sociali che si vivevano.

Si, perché Gaber è stato l’artista che ha provato a fotografare un’Italia che, dal dopoguerra in poi, stava perdendo di valori e contenuti critici.

La sua carriera fu caratterizzata da un’esigenza artistica profonda di creare musica che fosse insieme suono e letteratura. Ha trattato con ironia e sarcasmo la politica, senza risparmiare sferzanti attacchi all’una e all’altra parte. Si chiedeva continuamente l’individuo medio come si sentisse, cosa provasse. La sua forma d’arte era concepita come impegno civile. I suoi testi sono acute analisi sociali con l’individuo quale metro di misura del ragionamento. I temi principali: politica, libertà, amore e genitorialità.

Ecco perché, da diversi anni, il lavoro della Fondazione e del Festival a lui intitolati, si pone l’obiettivo di diffondere la conoscenza e la funzione etica e sociale delle sue opere anche e soprattutto nelle scuole, per trasmettere l’importanza del pensiero critico, il rifiuto delle certezze assolute, l’educazione e l’onestà intellettuale.

Sono stati 20 anni senza Gaber, ma 20 anni con lui, perché ha lasciato un segno culturale profondo nel nostro Paese al quale tanti di noi hanno fatto riferimento quando ci si accorgeva del vuoto di valori del nostro tempo.

Quanto è attuale oggi il suo pensiero?

Senza dubbi si può affermare che sia la fotografia iperrealista dello stato culturale e politico del nostro paese a 360 gradi.

Per riscaldare il mio pensiero, spesso isolato e in minoranza, ascolto Il Conformista, Io Conto e Destra – Sinistra, quasi a volermi rifugiare in uno stato di grazia dove qualcuno individua con criticità intelligente la fonte dei problemi del nostro tempo. A volte lo faccio con un caro amico che, un po’ come lui, si sofferma a ragionare con me sulle incertezze del nostro tempo, scherzando proprio con l’ironia dell’artista su fatti, persone e contenuti.

Negli ultimi 20 anni ho trascorso tante ore ad ascoltare talk, tribune politiche, occupavo tempo anche ad andare in RAI tra il pubblico, per non parlare dei convegni dove si dice tutto e non si dice nulla. Se oggi dovessi rivedere una puntata di “Porta a Porta” di 10 anni fa, non cambierebbe nulla, sembrerebbe una puntata di ieri: precarietà, comunisti, fascisti, legge elettorale, scala mobile, terremoto e responsabilità, alluvione e responsabilità, Berlusconi, scandali, tangenti, acquisto di parlamentari; stessi temi, stessi litigi, stesse non-soluzioni.

I politici di destra e sinistra non dicono più niente, tranne quando sono all’opposizione, ma senza mobilitazioni e coinvolgimenti come si faceva un tempo, quando la passione spingeva a cambiare davvero lo status quo.

Si passa da un partito all’altro senza vergogna, si fanno accordi trasversali senza un obiettivo che ricada sul bene della comunità, si è alla ricerca di un ruolo altrimenti “non mi spreco in quel partito”, si agisce in nome del proprio ego e non in virtù di un mandato politico su base democratica, si da voce agli imbecilli sociali, si parla, si presenzia, si attacca, si litiga, si sfruttano le persone e poi si buttano. Un tempo si raccoglievano firme per realizzare un diritto comune, oggi non più. Oggi lo si fa quando serve al proprio ego, per sfiduciare i sindaci (tecnica “politica” che unisce destra e sinistra – a proposito di Gaber).

Ma in che Paese siamo?

Ecco perché ho avuto spesso la necessità di leggere e ascoltare Gaber, specie negli ultimi due anni.

Destra-Sinistra è l’inno della perdita di identità di questi due schieramenti e della confusione politica conseguente.

Dalla caduta del muro di Berlino, in Italia, hanno preso forma i populismi che, grazie al vuoto ideologico dei partiti tradizionali, sono cresciuti e hanno portato al disfacimento dell’ideologia e del pensiero critico.

Il brano nasce nel 1994, l’anno della scesa in campo di Silvio Berlusconi che, anche e soprattutto grazie alla sua potenza economica e imprenditoriale, ha creato il populismo più invasivo, quello tele-comunicativo e degli slogan, sovvertendo ogni equilibrio concettuale che fosse esistito fino a prima.

Oggi il neopopulismo è caratterizzato dal suo strumento principale, il web. Per noi quel che conta è quanti follower hai, quanti “mi piace” riceve uno “scritto”, una frase ad effetto. Così quel che conta diventa il materialismo, che si concretizza nella la frase dello sciocco che diventa virale, le false verità atte a screditare qualcuno, la promessa che domani tutti dimenticheranno.

E i contenuti? E le soluzioni ai problemi del nostro Paese? E i nostri ideali?

L’assenza totale di pensiero è evidente a tutti i livelli della politica. La crisi delle nostre identità è impellente, non riusciamo a sostenere più una tesi né a contrastare un’idea sbagliata.

Gaber scriveva in musica per “aumentare la resa del concetto”. E noi invece? Non dico che lo dobbiamo cantare il nostro pensiero, ma quanto meno cominciamo a ricostruirlo.

Organizziamo un moto critico che dissenta laddove chi governa sbaglia e aumenti la frequenza d’impeto quando crediamo in qualcosa che possa migliorare il mondo. Altrimenti lasceremo le nostre deleghe in bianco senza fare da termometro a chi dovrebbe agire in nome e per nostro conto.

La Chiesa oggi è l’unica a prendere una posizione netta. Papa Francesco è diventato il mio riferimento vivente. Ultimamente alcune omelie sono più appassionanti di un discorso tenuto da un politico.

Certo sui palchi dei comizi di centro sinistra c’è sempre il sottofondo di “Bella Ciao”, ma per status symbol, non perché loro parteggino realmente. Il vuoto ideologico più è grave, più è stata proprio la sinistra a provocarlo, la parte politica che in Italia ha il compito di difendere l’eredità della propria storia.

Ecco perché l’altra sera ho riascoltato questo brano:

“L’ideologia, l’ideologia, malgrado tutto credo ancora che ci sia. È la passione, l’ossessione della tua diversità che al momento dove è andata non si sa, dove non si sa, dove non si sa”.

In questi pochi versi capisco che Gaber è attualissimo e vada insegnato nelle scuole e nelle famiglie per colmare il vuoto ideologico dell’individuo e dei gruppi politici.

C’è bisogno di Gaber adesso!