la candidatura a sindaco di manila gorio

21 aprile 2023

Qualche giorno fa la mia amica e conduttrice TV Manila Gorio ha annunciato la sua candidatura a sindaco di Bari.

Lo ha fatto durante la festa del suo compleanno, orgogliosa e fiera di questa sua scelta, quasi come un regalo a sè stessa, dopo un lungo e non facile percorso, quello di chi – in una società pronta a giudicare l’altro – non sempre è accettato.

Manila ha costituito un movimento politico civico chiamato “Bari Città Libera”, e la sua candidatura vuole rappresentare tutti quei cittadini scontenti della politica attuale, essere la voce di tutti quelli che non hanno la forza di ribellarsi, dei più bisognosi e degli indifesi.

È la prima volta per una grande città europea di una transgender candidata alla carica di sindaco.

Ma in Italia esiste un caso, quello di Gianmarco Negri che fino a qualche anno fa era Maria, oggi primo cittadino di Tromello, un comune di 3.700 abitanti in provincia di Pavia. È il primissimo sindaco transessuale d’Italia. 44 anni, avvocato, con una propensione per i diritti LGBT, è stato eletto con il 37,54% dei voti in un comune in cui, alle Europee, la Lega ha superato il 50%.

Maria non esiste più. E in quella identità ci stava così male da aver a lungo lottato con depressione ed anoressia.

Tromello, provincia di Pavia, è un comune di circa 4.000 anime, ma in spregio al vecchio detto “il paese è piccolo e la gente mormora”, l’elezione di Gianmarco Negri a primo cittadino è stata una specie di plebiscito, tanto più in un territorio dove la Lega dilaga con la sua visione di famiglia che si sostanziava nel discusso Ddl Pillon, poi bloccato con il rimpasto di governo.

Il sindaco Negri parla spesso della sua trasformazione, del rapporto con la comunità e di alcuni punti sensibili della lotta LGBT che non vengono accettati in modo univoco dagli stessi esponenti “arcobaleno”. 

Ha raccontato di come ha convinto i suoi concittadini a votare per lui, o meglio, per “la sua squadra”; come ha convinto mamma Jolanda che lui fosse “suo figlio”, non “sua figlia”; come ha convinto sè stesso a non avere paura quando, a 35 anni, ha deciso di intraprendere un cambiamento di sesso. Sforzi, fatica, ormoni, bisturi, un percorso in tribunale. Poi un pianto di liberazione: la sua richiesta di essere registrato come uomo all’anagrafe è stata accettata. E Gianmarco ha detto: “Finalmente esisto”.

Oggi Gianmarco è uomo con la fascia tricolore, faro (anche in tribunale) del mondo LGBTQ. 

Due grandi conquiste quelle di Manila e Giancarlo se si pensa alle difficoltà che sono state affrontate nel lungo percorso della conquista dei diritti delle persone trans e a quelle che ancora esistono.

Negli anni Settanta, in Italia essere trans voleva dire: prostituzione come unica possibilità di sostentamento, il rischio di essere arrestati durante le numerose retate della polizia per l’espressione non conforme al proprio sesso biologico, una repressione continua da parte della società, e delle istituzioni.

Solo recentemente, qualcosa si è mosso con le sentenze della Corte di Cassazione n. 15138 del 2015 e della Corte Costituzionale n. 221, che hanno concesso la rettifica all’anagrafe anche in assenza dell’intervento di riassegnazione chirurgica del sesso.

La questione del cambio anagrafico è molto complessa: se a contare è quello che esplicita la carta d’identità, per lo Stato sei un maschio come reca il tuo documento, anche se il tuo aspetto è femminile. Ciò si traduce in difficoltà legate alla ricerca di un lavoro o all’inclusione sociale, fino al rischio per alcune persone trans, specialmente quelle immigrate, di vivere ai margini della società.

L’accesso al mondo del lavoro è tra i temi più rilevanti in materia di diritti delle persone transgender in Italia e non solo.      

Secondo alcuni studi, le donne trans sono particolarmente svantaggiate a causa di una serie di stigmi che si abbattono sulle loro vite, precludendo ogni strada che non sia quella della prostituzione. 

Ma cosa succederebbe qualora dovessero finire in carcere? Verrebbero assegnate in base al sesso dei documenti, con ovvi rischi per la propria incolumità. Sicuramente poco dibattuta è, appunto, la questione delle persone trans in carcere. Sono oggetto di desiderio sessuale e, al tempo stesso, di disgusto; non possono contare su controlli medici specifici nella somministrazione degli ormoni. Secondo i dati, ogni anno nelle carceri italiane una persona transessuale su quattro si suicida o commette atti di autolesionismo. Ciò che ruota intorno al nome elettivo, ai documenti, all’identità di una persona e al riconoscimento di essa risulta, insomma, di estrema importanza, potendo influenzare gran parte della sua vita.

Ecco il perchè dell’importanza, per esempio, della Carriera Alias, che molte università italiane, l’Università di Napoli Federico II tra le prime, stanno procedendo ad adottare. Si tratta della possibilità, per gli studenti in transizione di genere, di avere un tesserino universitario recante il nome elettivo. In altre parole significa vivere un contesto che li faccia sentire riconosciuti. D’altronde il riconoscimento è tutto ciò che le persone trans nel corso della loro storia, comunitaria e spesso anche personale, hanno cercato di ottenere.

Ecco il perché dell’importanza di una svolta culturale, quella in cui al centro vi sia la persona e la sua identità, sempre nel rispetto delle regole del vivere civile.

Provate a immaginare un mondo in cui il vostro governo dia avvio a una campagna diffamatoria nei confronti delle persone come voi …vi sentireste al sicuro? Tutti abbiamo diritto ad essere trattati con rispetto.

Perché i diritti e la conoscenza riguardano ognuno di noi. Sempre. Perché i diritti delle persone trans sono diritti dell’essere umano.

Auguro a Manila e Gianmarco il meglio, sperando che la loro forza possa essere un faro per tutti coloro che si sentono messi ai margini per colpa del pregiudizio, di qualunque natura esso sia. E mi auguro che, insieme, questo muro potremo abbatterlo con le armi del buon senso e del rispetto dell’altro.

Libera Scirpoli