Femminicidi, quando l’amore non salva il mondo
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24 novembre 2023
Da quel giorno, da quella atroce conferma del femminicidio di Giulia Cecchettin, l’opinione pubblica, la politica, i media, le istituzioni, sono totalmente concentrate a parlare e riflettere su un femminicidio che aggiunge orrore a una lista troppo lunga di eventi tristi e violenti che riguardano l’uccisione di donne.
Le varie ricostruzioni ci hanno portato a riflettere sull’amore, quel sentimento che ci fa volare, non ascrivibile a tali brutture. Giulia, come tante altre donne uccise mentre amavano il proprio stesso carnefice, è stata vittima del violento sentimento di odio e invidia logorante nei confronti dell’autonomia dell’altro.
L’amore alimenta l’amore, cura, solleva, crea prospettive di bellezza, dà gioia, consiglia. L’amore è il sentimento che salva il mondo e non quello che lo distrugge.
Qualcuno afferma che odio e amore siano facce della stessa medaglia, ma questo non è possibile.
Ho voluto osservare i numeri del 2023 per leggere statisticamente il fenomeno: ad oggi, l’Osservatorio ha registrato 103 casi. Inoltre, sono almeno 15 i tentati femminicidi e almeno altre 6 le persone coinvolte e uccise perché presenti al momento del femminicidio.
La vittima più giovane aveva 13 anni, la più anziana 95. La vittima aveva un’età media di 55 anni e mezzo. Inoltre, si contano almeno: 1 caso con violenza o stupro prima dell’omicidio, 12 casi con denunce o segnalazioni per violenza o persecuzione nei mesi precedenti, 3persone uccise erano sex worker, 8 figli minori che hanno assistito al femminicidio, 44 figli minori che sono rimasti orfani in seguito al femminicidio della madre.
Alla violenza patriarcale e di genere si somma a volte anche la razzializzazione delle persone uccise.
Nei91 casi accertati di omicidio, il colpevole o presunto tale per le informazioni al momento disponibili ha un’età media di 54 anni e mezzo. Il più giovane aveva 17 anni al momento del delitto, il più anziano 88.
In 41 casi l’assassino era il marito, il partner, il convivente. In 14 casi, a compiere il gesto è stato l’ex partner da cui la persona uccisa si era separata o aveva espresso l’intenzione di separarsi.
Dunque il quadro è chiaro. Appena ci arriva la notizia dell’ultimo caso in tv o dai social, ne parliamo e cerchiamo di dare una spiegazione alle motivazioni che spingono gesti così estremi e orrendi.
Parliamo di cultura, patriarcato, emancipazione femminile. Eppure viviamo l’epoca in cui i maschi che commettono femminicidi sono, spesso, figli di madri emancipate e lavoratrici, di quella generazione che ha legiferato per garantire le quote rosa in politica e nei Consigli di Amministrazione.
Come, dunque, lo leggiamo questo dato?
Forse vedere la propria madre emancipata diventa un problema per un figlio maschio? Forse le mamme esagerano nell’amare troppo i figli maschi? Forse, nonostante i progressi e il cambiamento culturale, certi retaggi e preconcetti non svaniranno mai?
Fatto sta che Giulia non sarà l’ultima e a nulla serviranno le tante e prolisse discussioni dei talk a fermare il prossimo assassino.
Forse nemmeno una legge nuova.
Allora dove andiamo a cercare la radice del problema? Da un lato, forse, la cultura maschilista che crea il gap uomo donna non sarà mai superata, dall’altro bisognerebbe parlare di più di valori.
I social ci fanno credere di essere amici in poco tempo senza avere un rapporto vero, spesso crediamo di essere amate da qualche elogio senza basi, crediamo di trascorrere tutta la vita con persone che a mala pena conosciamo. A volte ci sentiamo sole e le attenzioni di chi lancia un’ “OPA” su una chat ci sembrano dedicate solo a noi, invece questi soggetti scrivono almeno a sei persone contemporaneamente.
Si sono sgretolati i rapporti, quelli veri, quelli che ti fanno conoscere una persona e decidere di starci insieme tutta la vita.
Così come allo stesso modo ci si lascia. Si abbandonano persone perché non si ha più pazienza e tolleranza. L’amore è anche questo. Comprendere e sostenere, avere gli occhi lucidi e il cuore colmo di gioia quando l’altro realizza un sogno.
Ormai ci si fidanza in chat, attraverso due parole scritte e quattro cuoricini e si va in vacanza insieme senza conoscersi.
Il paradigma è comune a tutti i tipi di rapporti, anche quelli di amicizia. Per non parlare della politica, che invece di dare il buon esempio, è sempre più il simbolo della leggerezza nei rapporti e della prepotenza. Oltre al fatto che non insegna più il rispetto e l’approfondimento.
Il mio è un pensiero piccolo rispetto a un tema enorme e triste che riguarda tutto il globo. Mi pongo solo come anima pensante che vorrebbe sviscerare il problema e contribuire alla sua soluzione insieme agli altri, consapevole che presto, purtroppo, avverrà un’altra tragedia in un’altra famiglia.
Domani si celebra la giornata contro la violenza sulle donne. Nei vari convegni si parlerà tanto e saranno citati gli utilissimi centri antiviolenza e le leggi che hanno migliorato alcune condizioni delle donne a rischio o vittime di violenza. Così come si incoraggeranno le donne a rischio a fuggire dalle storie malate al primo campanello di allarme.
Nessuna donna deve mai sentirsi sola. Però la cura non previene. La riflessione più importante va fatta sui valori che devono prevalere sulla prepotenza e sulla gelosia malata.
Nessuna donna è di proprietà di un uomo. Perciò le famiglie insegnino il rispetto dell’autonomia altrui e che l’amore non è amore se non rispetta la libertà e i sogni di chi si ama.
Forse avremo meno casi di femminicidio di cui parlare e la società potrà accelerare il suo processo più importante: imparare a rispettare l’altro.